ISCRIZIONE DI STRANIERO RICHIEDENTE LA CITTADINANZA ITALIANA PER DISCENDENZA

L’ipotesi in esame riguarda coloro che, pur essendo cittadini stranieri, riescano a dimostrare di essere discendenti da avo italiano e quindi intendano avviare il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.

È necessario chiarire che il panorama di riferimento richiamato in precedenza presenta un preoccupante vuoto dal punto di vista normativo, poiché l’unica disposizione di rango legislativo, per l’ipotesi in esame, è costituita dall’art. 1 della legge n. 91/1992 che pone un principio di carattere generale nell’affermare che è cittadino per nascita il figlio di padre e madre cittadini. Tuttavia, la regolamentazione del procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana è contenuta ma in una circolare, la famosa K.28.1 del 1991, che prevede due diverse strade da percorrere a seconda che l’interessato sia residente in Italia ovvero all’estero. In questa sede ci si occuperà solo del caso in cui il cittadino straniero abbia stabilito la propria dimora abituale in Italia; a questo proposito, la circolare K.28.1 precisa in maniera estremamente chiara che, dovendo l’eventuale possesso dello status civitatis italiano essere certificato dal sindaco del Comune italiano di residenza, il relativo procedimento potrà essere avviato su istanza degli interessati, solo nel caso in cui costoro, titolari di passaporto straniero, risultino iscritti nell’anagrafe della popolazione residente in un Comune italiano in applicazione delle disposizioni previste per l’iscrizione anagrafica degli stranieri; oggi potremmo dire, iscritti in anagrafe previa verifica della condizione di regolarità del soggiorno, oltre che della dimora abituale. Quindi, tre sono i punti fondamentali da sottolineare:

- il procedimento per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis può essere avviato, su istanza di parte, solo nel caso in cui il cittadino straniero avente diritto “risulti iscritto nell’anagrafe della popolazione residente in un comune italiano”;

- l’iscrizione deve seguire le disposizioni e le modalità relative all’iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri;

- qualora queste persone non possano annoverarsi fra la popolazione residente secondo la nozione di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 223/1989, la procedura per il riconoscimento della cittadinanza dovrà essere espletata, previa istanza di parte, dalla rappresentanza consolare italiana competente in base alla residenza (dimora abituale) all’estero dei richiedenti.

Purtroppo, la gran quantità di pratiche giacenti presso i Consolati ha di fatto alimentato un vero e proprio “mercato”, organizzato e ramificato in tutti i Paesi coinvolti nel fenomeno, che indirizza le persone interessate a rivolgersi ai comuni italiani, a prescindere dal possesso del requisito fondamentale per ottenere il riconoscimento della cittadinanza, e cioè, la residenza in Italia. Naturalmente, poiché tale requisito costituisce comunque una condizione indispensabile, si ricorre alla falsa dichiarazione di residenza, finalizzata unicamente ad ottenere la cittadinanza italiana, salvo poi lasciare l’Italia non appena raggiunto il risultato voluto e qualche volta addirittura prima che si concluda tutto l’iter procedimentale.

A complicare il compito dell’ufficiale d’anagrafe alcune disposizioni diramate dal Ministero dell’interno e finalizzate ad agevolare l’iscrizione anagrafica di questi cittadini stranieri che, dunque, rientrano anch’essi a pieno titolo, fra le categorie di coloro che possono essere iscritti in anagrafe prima, o addirittura, senza avere ottenuto il permesso di soggiorno.

In ordine di tempo, le agevolazioni compaiono, dapprima timidamente, con le disposizioni della circolare del Ministero dell’interno 24.2.2003 - prot. K. 28.111 – che ammetteva che l’iscrizione anagrafica potesse essere validamente disposta anche sulla base del permesso di soggiorno per turismo, a condizione però che risultasse accertato il requisito della dimora abituale. La strada delle agevolazioni ha poi segnato un’altra tappa con le circolari n. 32 e n. 52 del 2007, emanate in seguito all’entrata in vigore della legge 28 maggio 2007, n. 68 con la quale venivano soppressi i permessi di soggiorno di breve durata (turismo, affari, visite e studio). Con tali circolari il Ministero dell’interno crea, dal nulla, un’ipotesi unica nel pur vasto e variegato panorama delle casistiche relative all’iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri. Infatti, mentre tutti gli altri casi in cui viene consentita l’iscrizione dello straniero senza permesso di soggiorno sono fondati sul presupposto che costoro si trovino nelle condizioni, salvo prova contraria, per ottenere il permesso stesso e, pertanto, fra i documenti necessari figura sempre la ricevuta della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, nel caso della richiesta del riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, il presupposto su cui si fonda il requisito della regolarità del soggiorno ai fini dell’iscrizione anagrafica è la presunzione che il cittadino straniero abbia presumibilmente il diritto di ottenere il riconoscimento o il riacquisto della cittadinanza italiana, ragion per cui, il permesso di soggiorno avrebbe la valenza di requisito assolutamente temporaneo e destinato a decadere in tempi brevi.

Naturalmente, al momento della richiesta di iscrizione anagrafica lo straniero dovrà comprovare documentalmente lo status di presumibile discendente da avo italiano ovvero di ex cittadino italiano; a tal fine dovrà esibire certificati e documenti che dimostrino tale condizione. Ai fini della dimostrazione della regolarità del soggiorno sarà sufficiente aver assolto all’obbligo di rendere la dichiarazione di presenza, come previsto dall’art. 1 comma 2 della l. n. 68/2007, secondo le modalità stabilite nel d.m. 26.7.2007 e cioè:

- per coloro che provengono da Paesi che non applicano l’accordo di Schengen, l’esibizione del timbro “Schengen” apposto sul documento di viaggio dall’Autorità di frontiera;

- per coloro che provengono da Paesi che applicano l’accordo di Schengen l’esibizione di copia della dichiarazione di presenza resa al Questore entro 8 giorni dall’ingresso, ovvero della dichiarazione resa, ai sensi dell’art. 109 del r.d. 18.6.1931, n. 773, ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive.

Naturalmente, tale particolarissima agevolazione (timbro Schengen o dichiarazione di presenza) rende lo straniero regolarmente soggiornante solamente per i primi tre mesi di soggiorno in Italia; oltre tale termine, a meno che si sia già concluso il procedimento finalizzato al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, il cittadino straniero

non può più essere considerato regolarmente soggiornante e dunque dovrà chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di cittadinanza.

A completare il quadro è intervenuta una ulteriore circolare, la n. 14 del 31 ottobre 2008 con cui il Ministero dell’interno ha ritenuto opportuno estendere le indicazioni fornite con le circolari n. 32 e n. 52 del 2007, anche alle ipotesi di richieste di iscrizione anagrafica da parte di coloro che intendono riacquistare la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 13, comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91. La circolare chiarisce anche, malgrado ciò appaia del tutto ovvio, che l’ufficiale d’anagrafe dovrà comunque verificare il pregresso status di cittadino italiano. Naturalmente, a parte la diversa documentazione necessaria a dimostrare il diritto al riacquisto della cittadinanza, valgono le considerazioni già fatte per l’ipotesi di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.

(Fonte “I servizi demografici” ed. Maggioli – n. 9/2015 pag. 46 e ss.)

Per tale tipo di riconoscimento di cittadinanza non occorre il versamento di € 200,00 in quanto, in base all’art. 9bis della legge 91/1992 e successive modificazioni esso è dovuto solo per “Le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza” e non anche per i riconoscimenti

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