DIVORZIO PER PROCURA? NO!

Quesito della settimana ANUSCA del mese di aprile 2016

Domanda: Si chiede se un accordo di divorzio possa essere concluso davanti al Sindaco ex art. 12 d.l. 132/2014 se la sposa, straniera, residente all'estero (Paese extracomunitario) non intende presentarsi personalmente, pur volendo addivenire al divorzio su base consensuale. L'avvocato dello sposo sostiene che è ammessa procura speciale, in base alla sentenza del Tribunale di Milano.
La sentenza è valida solo per i ricorrenti di Milano? L'Ufficiale dello Stato Civile, su richiesta scritta dello sposo, deve opporre rifiuto e lo sposo ricorrere presso il tribunale? La procura speciale che requisiti deve avere? La sposa deve rivolgersi al consolato italiano - ufficio notarile - a Hong Kong per la sua dichiarazione, che, immagino, dovrà essere tradotta e legalizzata?

Risposta: (a cura di Renzo Calvigioni)

Si conferma che non si ritiene ammissibile la procura speciale alla fattispecie prevista dall'art. 12 della legge 162/2014. La sentenza del Tribunale di Milano fa stato solamente tra le parti di quella sentenza e, oltretutto, è stata duramente criticata dalla Dottrina (ad esempio, Tommaseo in un articolo su Famiglia e Diritto n. 4 del 2016). Si suggerisce, nell'atto di rifiuto, di riportare le motivazioni di seguito indicate, che sono reperibili in un articolo pubblicato dal sottoscritto sulla Rivista "I Servizi Demografici" n. 3/2016 (Maggioli Editore).
"Le motivazioni addotte dal Tribunale di Milano, non appaiono convincenti, sia nei richiami normativi, sia nella considerazioni sulle nuove procedure, sia nell'avere completamente ignorato che di fronte all'ufficiale di stato civile viene formato un atto amministrativo e non un provvedimento giurisdizionale. Ma andiamo per ordine. Il richiamo al matrimonio per procura non ha alcuna attinenza con la problematica in esame: infatti, si tratta di fattispecie eccezionale, limitata al cittadino che si trovi all'estero e non possa rientrare in Italia per gravi motivi e, soprattutto, la valutazione è rimessa al Tribunale il quale dovrà autorizzare il matrimonio con decreto non impugnabile, emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. Al contrario, l'applicazione dell'art. 12 legge162/2014 è procedura ordinaria e non eccezionale, che non può certamente essere interpretata invocando una disposizione molto particolare che richiede - è bene sottolinearlo - l'autorizzazione del Tribunale per essere applicata, come nel caso del matrimonio per procura: in sostanza, l'una consente il matrimonio in situazioni estreme, l'altra consente lo scioglimento del vincolo in situazioni ordinare e non si può ampliare la portata della seconda invocando la prima. Pure il richiamo alla rappresentanza ammessa nella procedura giurisdizionale, per giustificarla anche nella procedura amministrativa, non soddisfa e sarebbe sufficiente, al fine di una corretta valutazione, rivedere il testo normativo nella semplice dizione letterale: l' art. 4 c. 7 della legge 898/1970 riporta che "I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi" prevedendo che possano sussistere gravi e comprovati motivi che consentano ai coniugi di non presentarsi personalmente, mentre l'art. 12 c. 3 della legge162/2014 riporta che "L'ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti personalmente..." senza prevedere nessun motivo, neanche grave, per consentire la rappresentanza. Ora, se nella procedura giurisdizionale era prevista la possibilità della rappresentanza e, al contrario, nella procedura amministrativa tale possibilità non viene riportata nel testo normativo, è evidente che il legislatore volesse differenziare le due procedure, richiedendo espressamente che, di fronte all'ufficiale dello stato civile, i coniugi si dovessero presentare personalmente, senza poter nominare un procuratore. Non solo, ma il secondo comma dello stesso articolo aveva previsto che i coniugi si sarebbero dovuti presentare di nuovo di fronte all'ufficiale dello stato civile, non prima di trenta giorni dopo l' accordo, e che "La mancata comparizione equivale a mancata conferma dell'accordo", rendendo sempre più chiara la volontà del legislatore di evitare che gli adempimenti della nuova procedura a carico degli interessati, potessero essere svolti da altri soggetti, anche se muniti di procura, diversi dai medesimi coniugi. Non solo, ma nessuna considerazione è stata data all'orientamento ministeriale riportato nella Circolare n. 19 del 28/11/2014 "Deve, inoltre, porsi in rilievo che l'opera professionale dell'avvocato non è qualificata dalla norma in termini di rappresentanza e, pertanto, stante il correlato carattere personale della dichiarazione di ciascuno dei coniugi, l'avvocato non può sostituire davanti all'ufficiale la parte assistita", che esclude categoricamente la procura. Sappiamo che i giudici non si lasciano influenzare dalle circolari, ma visto lo stesso Tribunale lamenta la mancanza di precedenti e di altre indicazioni, tenuto conto che l'indirizzo della circolare rappresentava l'unica voce ufficiale esistente sul tema, sarebbe stato logico almeno richiamarla, se non altro per illustrare le motivazioni in base alla quali doveva essere disattesa dagli ufficiali di stato civile.
Ma l'aspetto che rende meno convincente il decreto del Tribunale di Milano, è la mancanza, nelle argomentazioni, di qualsiasi collegamento con il regolamento di stato civile, ignorando che la procedura in esame non si svolge in Tribunale, di fronte al giudice, con l'applicazione obbligatoria delle norme processuali, ma si svolge in un ufficio di stato civile, di fronte all'ufficiale dello stato civile, il quale è tenuto ad applicare le norme e le regole amministrative, previste dalle disposizioni che disciplinano il servizio dello stato civile: è questo l'errore di fondo, il difetto del decreto che vorrebbe che l'ufficiale di stato civile adottasse comportamenti e procedure del giudice. E' appena il caso di ricordare che l'art. 12 della legge 162/2014 prevede una procedura che deve essere inquadrata nella disciplina generale della formazione degli atti di stato civile: quello che si svolge davanti all'ufficiale dello stato civile non è un processo né udienza in Tribunale, ma un procedimento amministrativo nel quale le parti rendono una dichiarazione che deve essere raccolta ed iscritta in un atto di stato civile, secondo gli adempimenti previsti dal regolamento di stato civile. Sostenere l'applicazione della procedura giurisdizionale, come nel decreto del Tribunale di Milano, equivarrebbe, ad esempio, ad affermare che poiché nel riconoscimento giudiziale di filiazione è ammessa la prova del DNA, questa potrebbe essere richiesta dall'ufficiale dello stato civile, quando un genitore si appresti a rendere una dichiarazione di riconoscimento di filiazione: è evidente come non sia possibile applicare gli strumenti processuali alla procedura amministrativa dell'ufficiale di stato civile. Ricordiamo che il dpr 396/2000 prevede all''art. 12 c. 7 una generalizzata possibilità di rappresentanza: "Le parti interessate possono farsi rappresentare da persona munita di procura speciale risultante da scrittura privata, quando non è espressamente previsto che esso debba risultare da atto pubblico.".

Questo però, non significa che in tutti gli atti di stato civile sia ammessa la procura, sia perché vi sono i cosiddetti atti personalissimi che non ammettono rappresentanza, sia perché anche laddove possibile, stante la tipicità degli atti di stato civile, è necessario che nelle formule per la redazione degli atti approvate con Decreto Ministeriale, sia espressamente richiamata l'ipotesi del procuratore.
Lo stesso regolamento di stato civile prevede, ad esempio che la richiesta di pubblicazione di matrimonio possa essere presentata da un procuratore speciale: l'art. 50 specifica che tale incarico deve avvenire secondo quanto indicato nell'art. 12 c. 7, addirittura considerando sufficiente le dichiarazione di chi ha ricevuto l'incarico, nel caso lo stesso fosse stato conferito a chi esercita la potestà o la tutela. I moduli per le pubblicazioni di matrimonio, dal n. 1 al n. 6 di cui all'allegato B al D. M. 5 aprile 2002, prevedono espressamente l'indicazione del procuratore, ma il Ministero dell'Interno con Circolare n. 2 del 26/3/2001 aveva già chiarito i criteri che potevano essere applicati in materia di procura, suggerendo procedure di semplificazione. Ancora, in materia di formazione dell'atto di nascita, al momento della dichiarazione di nascita, l'art. 30 prevede che possa essere resa anche da un procuratore speciale e tale indicazione viene espressamente riportata nelle formule (ad esempio n. 3, 7, 9, ecc.) che dovranno essere utilizzate per la redazione degli atti di nascita. Quanto sopra conduce rapidamente ad una conclusione: laddove il regolamento di stato civile ha ritenuto possibile la rappresentanza, il legislatore ne ha disciplinato le modalità e la procedura tanto da doverlo riportare espressamente nelle formule utilizzate nella redazione degli atti di stato civile.
Al contrario, nel caso in cui la procura non sia indicata tra le possibili opzioni, la stessa è da ritenersi esclusa, specialmente quando nella normativa viene indicato che le parti debbono comparire "personalmente". Per averne conferma, è sufficiente verificare che le disposizioni del dpr 396/2000 in materia di riconoscimento (dall'art 42 all'art. 48 che, ovviamente, debbono essere applicate ad integrazione di quanto previsto dal codice civile) non contengono alcuna possibilità di procura: di conseguenza, le formule che disciplinano la redazione delle dichiarazioni di riconoscimento di filiazione, dalla n. 106 alla n. 114 del D.M. 5/4/2002, pure non riportano alcuna dicitura relativa alla possibilità che si presenti una persona munita di procura. Allo stesso modo, si pensi al giuramento per l'acquisto della cittadinanza italiana previsto dall'art. 15 della legge 91/1992, confermato dall''art. 7 del dpr 572/1993, disciplinato dall''art. 27 del dpr 396/2000, che deve essere redatto secondo la formula n. 81 del D.M. 5/4/2002: nessuna possibilità di nominare un procuratore è inserita nelle diverse disposizioni né nelle modalità diredazione dell'atto di giuramento che deve essere iscritto nei registri di cittadinanza. Tanto che, in materia di giuramento di un soggetto incapace, considerando che nessuno possa prestarlo in sua vece, si pone il problema di trovare una soluzione che consenta all'interessato l'acquisto della cittadinanza pur senza la prestazione del giuramento: soluzione che richiede l'intervento dell'autorità giudiziaria che esenti dal giuramento, invocando un precedente parere del Consiglio di Stato. In conclusione, il decreto del Tribunale del Milano, attribuisce una possibilità di rappresentanza non prevista dalla normativa ed esclusa anche dalle speciali disposizioni in materia di redazione degli atti di stato civile: il D.M. 9/12/2014 contenente modifiche al D.M. 5/4/2002 con l'aggiunta delle formule per la redazione degli atti di separazione e divorzio introdotti dalla legge 162/2014, non riporta alcuna possibilità di nomina di un procuratore, confermando anche negli aspetti procedurali l'orientamento del legislatore. Pertanto, si ritiene che sia ancora necessaria la presenza "personale" di entrambi i coniugi per poter procedere alla redazione di un accordo di separazione o divorzio, così come richiesto dalle disposizioni sopra richiamate: prima di suggerire un cambiamento procedurale agli ufficiali di stato civile, riteniamo che sia necessario un orientamento giurisprudenziale più ampio, non limitato ad un singolo caso o, inalternativa, un indirizzo ministeriale che contenga le necessarie istruzioni. L'intera vicenda, conferma come il ruolo ed i compiti dell'ufficiale dello stato civile siano sempre più impegnativi ed importanti e come sia necessaria una elevata professionalità per poterli svolgere al meglio.

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